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Valganna e Valmarchirolo: Appunti sul clima e sulla nevosità   Inserito il› 13/03/2007 23.37.51
Valganna e Valmarchirolo, Provincia di Varese. Geograficamente, le due valli sono situate a nord del capoluogo di Provincia, intorno al 46°lat.N e 8°50’long. E.
La tradizione popolare ha coniato alcuni toponimi adattati e direttamente conseguenti alle condizioni climatiche del luogo.
“Giazzera” (ghiacciaia), “Valfredda” e, più recentemente e soprattutto dai giornalisti “Piccola Siberia”…ecc ecc.

Nonostante la tendenza degli ultimi anni ad osservare e registrare inverni miti (a parte il 2005-2006 “vecchio stile”), queste due valli hanno fatto parlare di loro in ben più di un’occasione.

Grazie al lavoro dei soci e simpatizzanti del Centro Meteorologico Lombardo (CML) da una parte, e del Centro Geofisico Prealpino (CGP) dall’altra (sempre e comunque in sinergia per non disperdere le conoscenze e le capacità logistiche), in questi anni sono state poste in esercizio alcune stazioni meteorologiche a normativa ed altre ne sorgeranno presto.
Dai dati raccolti (pochi se confrontati alle medie rappresentative che, di solito, si situano in archi temporali dell’ordine dei 30-40 anni) si può già dedurre che, le valli in questione, presentano un clima particolare, meritevole di ulteriori osservazioni ed approfondimenti.
Da qualche tempo, esperti e semplici appassionati, hanno puntato i riflettori su queste zone per meglio capire come sia possibile che, con fondovalle tra i 400 e i 500 metri s/m e con cime che sfiorano o superano i 1000 mt, si possano registrare temperature ben al di sotto delle aree circostanti e che si possa avere una nevosità media annua di fondovalle che sfiora il metro all’anno!

Pur non essendoci serie storiche ufficiali, riguardanti le temperature e le precipitazioni, molti indizi e dati registrati da meteofili abitanti in zona, ci aiutano a capire il tempo che ha fatto, almeno negli ultimi 35-40 anni. Per date ancora più remote, ci vengono in aiuto le cronache locali, fissate nelle pagine de “La Prealpina”.

Esiste a questo proposito, una serie storica riguardante la caduta di neve a Cugliate Fabiasco, villaggio di circa tremila abitanti situato in Valmarchirolo, a 516 metri s/m . La serie, comprende le invernate dal 1976-77 al 2005-2006, ossia un trentennio. Pur non essendo perfettamente in regola con i canoni di misurazione internazionale, apre certamente uno spiraglio sulla nevosità di queste zone. Le misurazioni, sono state effettuate in località Taverna, a 473 mt di quota, su un caposaldo costituito da un superficie di granito in area aperta e lontana da fonti di calore. Per quanto riguarda le nevicate di più giorni i dati di misurazione sono da considerare parzialmente errati per difetto, poiché non tutte le nevicate in questione sono state misurate ripulendo la superficie, quindi con sicura compressione del manto.
Il dato riportato in Tabella 1 è, in ogni caso, quanto meno interessante: 97,1 cm annui. Dato complementare ed importante riguarda i giorni nevosi annui: 9,6.

Alcuni aspetti riguardanti la nevosità delle valli, erano già stati trattati nell’articolo apparso sul numero 19/20 di Nimbus: “Venticinque anni di nevicate 1970-1995”, il quale articolo, oltre a riportare una carrellata di eventi nevosi di quegli anni, tentava in maniera timida e un po’ inesperta, una spiegazione sul clima delle valli stesse.
Vogliamo qui riprendere quell’argomento in modo più esaustivo avendo, nel frattempo, corretto e consolidato i dati riferiti ad un periodo ben definito (1977-2006) ed essendoci confrontati con esperti della materia che, assieme a noi, hanno licenziato alcune ipotesi.

Per meglio capire la geografia delle valli, partiamo dal capoluogo, Varese, per percorrere velocemente la strada che sale verso Induno Olona, passando dai circa 355 metri del fondovalle dell’Olona, ai 400 metri della fabbrica di birra, imboccando così le due gallerie, tra le quali si situano le Grotte di Valganna con la cascata “Pisabò” famosa e conosciuta da schiere di turisti e fotografi, soprattutto negli inverni freddi quando si crea una cascata di ghiaccio.

La strada sale e si lascia dietro le spalle (è proprio il caso di dirlo) un altro clima. Tra strette forre e rocce a strapiombo, si entra nella Valganna circondata da contrafforti calcarei e da prati boschi. Dopo un lungo rettilineo si raggiunge il “ Ponte Inverso”, nei pressi dell’antica miniera Valvassera,  con giacimenti di piombo e argento (da anni abbandonata, ma con un’interessantissima storia alle spalle che risale al tempo dell’Impero Romano!) a 473 metri s/m, punto massimo di fondovalle per la Valganna. Il nome del ponte ci indica una particolarità con pochi eguali in tutto l’arco prealpino.
Da questo punto in poi, l’altimetria scende e le acque non si dirigono più verso sud, e quindi verso la pianura, ma si muovono in modo retrogrado verso nord, arrivando a sfociare nel laghetto di Ganna a 452 metri s/m. Mentre la strada supera l’abitato di Ganna, che dà il nome alla Valle, le acque escono dal laghetto e, attraverso il fiume Margorabbia, si gettano nel più esteso lago di Ghirla, meta turistica estiva conoscita. Il lago si trova a 442 metri di altezza, dalle cui acque il Margorabbia esce per proseguire a quote sempre inferiori (430-425 mt) sino a scomparire nelle grotte nei pressi di Cunardo e riapparire circa 200 metri più in basso nel fondo della Valtravaglia.
A questo punto, il Margorabbia giunge a Luino e sfocia nel lago Maggiore, facendo riprendere all’acqua la sua corsa naturale verso sud.

Riprendiamo il nostro viaggio da Ghirla. Qui termina la Valganna. Se ci dirigiamo in direzione di Ponte Tresa, quindi verso il confine con la Svizzera, ecco che entriamo nella Valmarchirolo. Da Ghirla, alla quota di 435 metri, la strada sale dolcemente tra ampi prati ancora adibiti a pascolo. La valle chiusa a S dalle pendici del monte Piambello (1129 mt). Si arriva così a Cugliate, alla quota di fondovalle di circa 462 mt., con il paese adagiato alle falde del monte La Nave (988 mt) a quota 516 mt, chiuso ad ovest da una spalla del monte Castelvecchio (621 mt), quindi si giunge a Marchirolo, luogo famoso per il turismo negli anni di fine secolo XIX sino a tutto il dopoguerra, e ricco di ville liberty. La strada statale 233 qui tocca la quota massima di fondovalle per la Valmarchirolo che è di 486 m s/m. Poi inizia la ripida discesa, con pendenze variabili tra il 7% e il 10% che, attraverso semitornanti e tornati, arriva a Ponte Tresa, alla quota di 273 mt., villaggio prospicente un’ansa del Lago di Lugano (Ceresio).
Se da Ghirla, invece, si percorre la strada per Luino, ecco che si attraversa un altro altopiano, quello di Cunardo a quote più basse (435/445 mt.) sino ad arrivare alle curve e ai tornati che ci conducono in Valtravaglia a quote comprese tra i 250 metri di Grantola e i 200 di Luino.

Questa descrizione geografica ci aiuterà ora a capire come, la conformazione e la consecutività di queste due valli e delle loro diramazioni, giochino un ruolo fondamentale per la formazione di un vero topoclima.
La Valganna inizia alle grotte ed è chiusa da queste a S in modo piuttosto serrato e deciso. Verso N è aperta e termina a Ghirla , dove inizia la Valmarchirolo che pone il suo asse in direzione SO-NE.
Se prendiamo in considerazione le irruzioni di aria fredda polare o addirittura artica dai quadranti settentrionali in un arco da NO a NE, (magari con effetto favonico, più o meno accentuato in funzione della provenienza e dell’origine della massa d’aria in arrivo) o irruzioni di aria continentale fredda dai quadranti NE-E, ecco che le due valli sembrano fatte apposta per far entrare questo tipo di aria per poi intrappolarla al loro interno.
Se, a situazioni di irruzioni di aria fredda, fanno seguito, periodi di stabilità invernale, con notti serene, l’irraggiamento notturno contribuirà a far scendere ulteriormente le temperature.
Cronache dal passato ci raccontano di minime ragguardevoli intorno ai -27°C nel febbraio del 1956.
Rievocando il famoso gennaio 1985, in località Taverna (Cugliate) si toccarono i -22°C , dopo un escalation di diversi giorni tra il 5 e il 10 gennaio che portarono le temperature dai -15°C ai -20°C.
Per riportare un esempio recente, nel dicembre 2005, in uno degli inverni più freddi e nevosi degli ultimi anni, alla stazione meteo del CML a Ghirla (Mulino Rigamonti) si sono raggiunti i -16.3°C e, addirittura, i -17,5°C presso pista di fondo in località Riano presso Cunardo (termometro classico a massima e minima non schermato).
Moltissimi automobilisti, percorrendo la SS233 che conduce in Valganna, da Varese, si sono accorti di quanti gradi scenda il termometro dell’auto, specie dopo le grotte…
Nelle situazioni sopradescritte, i laghetti di Ganna e Ghirla gelano, così come gela molto bene la Torbiera di Ganna, poco profonda ed esposta a N all’ombra del monte Martica (mt 1032) all’ingresso della valle del Pralugano verso Bedero, presa d’assalto da pattinatori e giocatori di hockey.
Nel famoso gennaio del 1985, con uno spessore del ghiaccio superiore ai 40 centimetri, alcuni temerari, attraversarono il lago di Ghirla, nel punto più largo, a bordo di una Fiat 126!
I vecchi valgannesi però, non si meravigliano di questo. Negli inverni freddi del passato, il lago veniva attraversato con carri trainati dai buoi!
Abbiamo accennato alla pista di fondo nei pressi di Cunardo. In questa ansa di terra, sotto le pendici del monte Scerrè (796 mt.) a fianco della strada che da Cunardo conduce a Bedero, da molti anni si pratica lo sci di fondo, attraverso percorsi variabili secondo l’innevamento. Grazie alle temperature rigide della valle, che qui assumono valori considerevoli, è stato installato da tempo un cannone per la produzione di neve artificiale. Se l’inverno è povero di neve, ma sufficientemente freddo, (Il cannone entra in funzione con temperature non superiori a -4°C) la stazione sciistica può garantire un discreto innevamento. Situazione invernale consueta, se non fosse che la pista di fondo si trova poco sopra i 400mt s/m!

I meteorologi dell’osservatorio di Meteo Svizzera Locarno Monti, qualche anno fa, si erano interessati all’argomento “clima” della Valganna e Valmarchirolo, prendendo spunto dall’articolo apparso su Nimbus; avevano quindi avanzato alcune ipotesi, tra le quali una molto interessante riguardante il regime di brezza.
Secondo questa ipotesi, la limitata altitudine delle cime circostanti, di poco inferiori o superiori i mille metri, sommata alla particolare conformazione dei due sistemi vallivi, non favorirebbe l’innesco dei regimi di brezza, specie nella stagione fredda. Questo aspetto, impedirebbe il naturale rimescolamento dell’aria, e favorirebbe, quindi il ristagno dell’aria fredda sull’altopiano della Valmarchirolo e sul fondovalle della Valganna.

Se inquadriamo le valli in un contesto geografico più ampio e sovrapponiamo all’aspetto geografico quello climatico-meteorologico della porzione nord della Lombardia occidentale, risulta facile capire che, durante le situazioni favorevoli alle nevicate, qui la neve risulta più abbondante. Risulta comunque notevole la differenza di accumuli assoluti e medi, rispetto alle aree circostanti (Varese, Lugano e Locarno per es.)
Considerando come acquisite le situazioni favorevoli per una nevicata alle basse quote, possiamo sottolineare che, le correnti umide che giungono dai quadranti meridionali (nella porzione tra SO e SE), oltre a scorrere su un sufficiente “lago” o “cuscino” di aria fredda, una volta giunte al limite dei primi rilievi prealpini , sono costrette ad un primo sollevamento, provocando, di norma, maggiori precipitazioni. Oltre a ciò, le precipitazioni sottoforma di neve, si trovano ad attraversare strati di aria più fredda rispetto alle zone circostanti. Questo aspetto provoca, rispettivamente, o una conservazione della precipitazione sottoforma di neve, in caso di limite della nevicata prossima ai 300/400 metri di quota, oppure ad una qualità di neve nettamente più asciutta (e quindi più “redditizia” in centimetri) rispetto alle aree fuori dalle valli e alle quote inferiori. Questo spiega la differenza in centimetri di neve, nei numerosissimi casi osservati, tra Varese, Ponte Tresa e le nostre due valli.

Molto interessante risulta l’osservazione diretta, durante questi ultimi 30-40 anni, di casi di nevicate al limite della fusione in acqua. Percorrendo il tratto da Varese, per esempio, molto spesso la precipitazione risulta essere sottoforma di pioggia o pioggia mista a neve, sino alla prima galleria. Dopo la seconda galleria, spesso, è già solo neve, e all’imbocco delle prime curve della Valganna la neve attecchisce al suolo stradale e sulla vegetazione. Interessante risulta il percorso da Ponte Tresa verso Marchirolo. L’azione mitigatrice del lago conserva la precipitazione sottoforma di pioggia o pioggia mista a neve. Ma, percorsi i primi quattro tornanti, nel momento in cui la strada piega decisamente in direzione O, abbandonando il “balcone” naturale sul lago, ecco che ci si trova di fronte ad un vero “muro termico” attraversato il quale la neve cade fitta e, in poche decine di metri, il paesaggio è già bianco.
Nei casi di nevicate abbondanti a tutte le quote, ecco che le valli rispondono “presente”! Gli accumuli rispetto alle aree circostanti possono assumere differenze notevoli, fino a 20/40 centimetri.
Altro aspetto che contribuisce alla differenza di accumuli è proprio la difficoltà, da parte delle miti correnti meridionali, ad evacuare lo spesso strato di aria fredda intrappolata nelle valli. Mentre, spesso, dalla pianura giungono notizie circa la trasformazione della neve in pioggia, ecco che lassù continua a nevicare più a lungo.
Ponendo l’accento proprio sugli accumuli, è stato osservato che, nelle valli, i maggiori apporti di neve si concentrano in un’area compresa tra il limite N della Valganna e parte della Valmarchirolo. Volendo a tutti i costi definire un luogo, potremo dire che, in mezzo a quest’area, il paese di Cugliate Fabiasco registra gli accumuli maggiori. Tenteremo ora di spiegarne il motivo.
Cugliate Fabiasco si trova adagiato su un cosiddetto conoide di deiezione (terreno tipicamente formato da materiale di apporto di torrenti che escono da stretti valloni e dilagano su pianure o altopiani), alle pendici S del Monte La Nave (988 mt.) ad una quota compresa tra i 462 metri del fondovalle, e gli “ufficiali” 516 metri della chiesa parrocchiale in cima al paese.
La sua posizione, in caso di situazioni meteorologiche favorevoli alle precipitazioni, espone il paese stesso alle correnti meridionali, costrette ad impattare con la montagna retrostante. Il paese è chiuso ad O dai Monti di Castelvecchio, che contribuiscono al mantenimento dell’aria fredda presente in loco.
Marchirolo, che si trova a circa 1.5 km ad E di Cugliate, pur essendo all’apice dell’altopiano (tra i 486 metri e i 536 della parrocchiale) ed avendo anch’esso il monte alle spalle, non registra gli stessi accumuli, per un probabile richiamo di aria più mite dal bacino del lago di Lugano sottostante.
Pur non esistendo una serie storica su Marchirolo (almeno a nostra conoscenza) osservazioni dirette operate al termine di episodi nevosi, hanno confermato un minor accumulo.
Cugliate Fabiasco, durante il periodo di osservazione 1976/77-2005-2006, ha registrato una nevosità media di 97.1 cm annui. Un dato notevole per un luogo a soli 500 metri di altezza. Ben superiore, ai circa 50 cm registrati a Varese, ai circa 27 cm di Lugano (chiara l’influenza mitigatrice del lago!) e i circa 55 cm di Locarno Monti, presso l’osservatorio meteorologico. I dati sono stati resi omogenei per poter operare il confronto nello stesso periodo di osservazione.

Alcune cronache del passato, recuperate grazie agli archivi storici del quotidiano “La Prealpina”, presso la Civica Biblioteca di Varese, ci fanno intuire quanto ben più nevose dovessero essere le valli alla fine del secolo XIX e fino a tutto il dopoguerra del secolo scorso. È probabile che le medie trentennali fossero ben superiori al metro di neve all’anno!
Possiamo solo immaginare cosa possa essere successo durante i freddissimi inverni di fine Ottocento, mentre le cronache ci vengono in aiuto per ciò che riguarda i primi inverni del ‘900, come, per esempio, il 1909 quando, in febbraio, le valli furono sommerse da oltre un metro e mezzo di neve e, successivamente, con un episodio notevole in marzo da oltre un metro! La nevicata d’aprile del 1911, raccontata nel libro “Milano sotto la neve”, qui assunse carattere di vera bufera, con la ferrovia interrotta in più punti e oltre mezzo metro di coltre bianca nelle valli. Così come il 1915, di nuovo in febbraio; oltre due metri in valle, e quasi tre metri nei villaggi di mezza costa tra i 750 e gli 800 metri (Marzio e Boarezzo isolati!).La ferrovia Varese-Luino, con la diramazione successiva per Ponte Tresa, marcò per oltre mezzo secolo la sua presenza in valle. In occasione di grandi nevicate, dovette capitolare più volte a causa dell’enorme quantità di neve caduta. Nell’inverno 1909 una valanga con un fronte di 200 metri e con un’altezza di 6 ostruì la strada e la ferrovia all’altezza del lago di Ghirla in località Eden!



**Tabella 1: Nevosità a Cugliate Fabiasco, media trentennale 1976/77-2005/06

Concentrando la nostra attenzione sul trentennio di riferimento (vedi Tabella 1), possiamo notare quanto fossero nevosi gli inverni tra il ’77 e l’87 con ben 155 cm di media!

In compenso gli ultimi 20 anni hanno fatto registrare un netto calo della nevosità con soli 63 cm.
Notevolissimo resta l’inverno 1977-78 con 315 cm di accumulo; pur non possedendo valori di raffronto nel corso del secolo XX, non è azzardato porlo ai primissimi posti della classifica degli “Inverni del Secolo” assieme, probabilmente, al 1909 e al ’15.
Segue a distanza, il pur notevole inverno 1984-85, con 222 cm dei quali 185 caduti in gennaio, mese della nevicata storica.
Anche l’inverno successivo, il 1985-86 ha superato i due metri con 213 cm, mentre si issa al quarto posto il sorprendente inverno 2005-06, con ben 206 cm, grazie all’eccezionale episodio del 26/28 gennaio 2006 (115 cm di neve caduta) e ad altri episodi nevosi nel corso della stagione.
Analizzando la nevosità media mensile (vedi sempre Tabella 1), possiamo notare come la distribuzione della neve nel corso della stagione, rispecchi quella delle località di bassa quota con i massimi concentrati nel trimestre più freddo (dicembre, gennaio e febbraio). In questa classifica, svetta al primo posto gennaio con oltre 43 cm, seguito da dicembre (26,2 cm) e da febbraio (16,2. cm). Interessante l’accumulo nei mesi al margine della stagione, dove la spunta marzo (5,5 cm) rispetto a novembre con quasi 4 cm. Alcuni episodi estremi hanno fatto entrare in classifica addirittura ottobre(circa 0,5 cm), battuto però da aprile (1,6 cm).
Marginale, ma indicativo, è l’episodio del maggio 1991 (1cm) che però non somma nella media trentennale se non per cifre decimali.
Se confrontiamo i dati di Cugliate con Lugano e Locarno è possibile notare come, negli inverni di neve abbondante, la stazione della Valmarchirolo, “stacchi” notevolmente le altre due (vedi Grafico 1).



**Grafico 1 accumuli annuali a confronto


Nel Grafico 2, possiamo apprezzare la distribuzione della neve per anno solare e per mese. Dall’istogramma, risulta evidente il calo di precipitazioni nevose degli ultimi 20 anni, con una lieve ripresa negli ultimi 4 inverni.



**Grafico 2: sommatoria della neve per anno solare e distribuzione mensile.


Nel periodo di osservazione, la neve, è apparsa in ottobre in due occasioni (con accumulo) e in una senza accumulo (1997).

In novembre ha nevicato in 12 occasioni su 30, mentre dicembre ha mancato l’appuntamento con la neve in sole 5 occasioni su 30, e in gennaio solo in 4.
Rilevante la neve in febbraio, con 20 inverni su 30, e in marzo con ben 16. In aprile, 6 casi e in maggio, un caso nel 1991.

La Tabella 2 e il successivo Grafico 3, ci aiutano a capire come si sono distribuiti gli episodi nevosi per singole categorie nel corso delle decadi di ciascun mese.
Balza subito all’occhio come per quanto riguarda deboli nevicate (superiori al cm e inferiori a 10), nella IIIa decade di dicembre si siano verificate nevicate in ben quindici occasioni.
Questa categoria, si mantiene intorno ai 10 eventi sino a tutto febbraio per poi degradare in marzo, con un nuovo picco in aprile.
Nella categoria di nevicate tra i 10 e i 30 cm, possiamo notare come la distribuzione sia abbastanza omogenea intorno ai 4 eventi (massimo 5) per poi calare a 2 in febbraio.
Salendo di categoria, incontriamo le nevicate importanti tra i 50 e i 100 centimetri, che si concentrano tra la Ia decade di dicembre e la IIIa di febbraio con andamento discontinuo e picchi in dicembre, gennaio e febbraio.
Le nevicate eccezionali, oltre i 100 cm si concentrano nel cuore dell’inverno tra la IIa e IIIa decade di gennaio.



**Tabella 2: distribuzione degli episodi nevosi per accumulo e per decadi mensili



**Grafico 3: rappresentazione grafica della distribuzione degli episodi nevosi per categoria

I dati riguardanti le stazioni operanti in zona, uniti ai dati delle future stazioni, nonché le sinergie che verranno applicate nell’osservazione e nello studio del clima di queste valli prealpine, ci potranno fornire in futuro preziose indicazioni per capire anche quali conseguenze porteranno gli attuali mutamenti climatici in atto, sotto l’aspetto antropico, geologico e, non da ultimo, economico per queste operose aree della Provincia di Varese.
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