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.: Lunedì 2 dicembre 2024
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Matteo Dei Cas & Fulvio Piazza |
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LE INTENSE GELATE SULLA BASSA PIANURA PADANA Dopo l’episodio nevoso del 6-7 Gennaio l’alta pressione è tornata a distendersi sul nostro paese caratterizzando il tempo nei successivi quattro giorni. Di seguito è riportata un’analisi dei GPT a 500 hPa e della pressione al suolo del giorno 11 Gennaio. | 11 Gennaio 2009, ore 00Z: Analisi GFS isobare e GPT a 500 hPa - Alta Pressione sul Mediterraneo - FONTE: www.wetterzentrale.de Si riporta per completezza di analisi anche la carta delle temperature alla quota di 850 hPa. Durante la fase anticiclonica iniziata il 9 Gennaio e terminata il giorno 13 si sono registrate temperature molto basse sulla Pianura Padana centro-occidentale. Le temperature minime sono precipitate nelle provincie di Pavia, Lodi e Cremona raggiungendo valori paragonabili a quelli registrati nelle stazioni dell’Alta Valtellina ad oltre 1500 metri di quota. Una ricostruzione dettagliata delle temperature che hanno caratterizzato questi giorni la potete trovare qui: nella sezione archivio. | 11 Gennaio 2009, ore 00Z: Analisi GFS temperature ad 850 hPa - Temperature al di sopra dello zero - FONTE: www.wetterzentrale.de Come è possibile notare dall’immagine satellitare riportata qui in basso, su tutta la Pianura Padana Lombarda, eccetto l’angolo sud-orientale (basso Bresciano e Mantovano) é presente un manto nevoso ben conservato che ha avuto effetti sul microclima di questa area geografica. Durante il periodo preso in esame, si sono verificati fenomeni nebbiosi ed irregolari (a banchi) che non hanno influenzato, se non marginalmente, il profilo termico dalla nostra Regione. | Prendiamo a titolo di esempio una delle giornate di questo periodo: l'11 Gennaio; analizziamo i dati raccolti dalle stazioni della Rete CML cartografati dal nostro Bruno Grillini. Come si può ben notare le temperature minime sono scese molto al di sotto dello zero, in particolare sulla Bassa Pianura Padana a Sud di Milano (Pavese e Lomellina, Lodigiano e Cremonese) escluso il Mantovano. Freddo anche sul fondovalle Valtellinese e Camuno, probabilmente giustificato da una tipica situazione di inversione termica al suolo. Valori di temperature più miti si sono invece registrati lungo l’Appennino e sulla Fascia Pedemontana Prealpina oltre che sulle zone lacustri. La scala cromatica della mappa è caratterizzata da un'escursione molto ampia, con valori compresi tra i -14°C della Lomellina ed i +6°C del Lago di Garda. | 11 Gennaio 2009 - Temperature minime in Lombardia - Elaborazione di Bruno Grillini sulla base dei dati della rete stazioni CML Dalla distribuzione delle temperature massime si può notare come la Lombardia sia stata letteralmente divisa in due. E' evidente un settore senza dubbio mite (area centro-settentrionale) ed un altro, decisamente freddo, al sud della Regione. In particolare si è verificata una "giornata di ghiaccio" sulla Lomellina, ovvero una giornata nella quale la temperatura non è mai salita sopra la soglia di 0°C. Anche le rimanenti zone del settore meridionale della regione sono state comunque significativamente fredde. Analizzando il profilo altimetrico si desume che le zone più fredde coincidono con le zone altimetriche più basse della Regione. | 11 Gennaio 2009 - Temperature minime in Lombardia - Elaborazione di Bruno Grillini sulla base dei dati della rete stazioni CML Per comprendere meglio il fenomeno termico, analizziamo anche i radiosondaggi della stazione di Milano Linate relativi al giorno 11 Gennaio. Nel tabulato registrato a mezzanotte risalta una fortissima inversione termica dello spessore di poche decine di metri. La temperatura al suolo è più bassa di ben 3,9°C rispetto a quella a 185 metri di quota. In quota inoltre, si osservano valori termoigrometrici decisamente miti e secchi, geopotenziali elevati e per finire una ventilazione quasi assente su tutta la colonna d’aria. Solamente oltre i 2600 metri di quota si è registrata una ventilazione più importante, disposta dal quadrante orientale. | Il profilo termico è rimasto quasi inalterato anche nelle ore più calde della giornata. In quota, nonostante i valori di temperatura miti, sono stati registrati DewPoint (DP) molto bassi. Si è manifestato quindi un effetto di subsidenza degli strati d'aria grazie all'anticiclone dinamico, ben strutturato in quota. Osservando le variabili Umidità Relativa (RH) e DP si nota uno strato secco tra i 500 e i 900 metri. Altrettanto eloquente la temperatura alla quota di 1.226 metri, che è stata decisamente più elevata rispetto allo strato inferiore. Ad 885 metri si sono registrati –19,8°C mentre a 1.226 –7,4°C: ben 12,4°C di differenza! La ventilazione si è mantenuta costantemente debole o pressochè assente lungo tutta la colonna. | Giunti a questo punto dobbiamo trovare una chiave di lettura che renda comprensibile quanto è accaduto. A tale scopo abbiamo considerato tre elementi, a nostro avviso significativi. | 1) LA PRESENZA DEL MANTO NEVOSO L'effetto della neve si è fatto sentire soprattutto nelle campagne, un po' meno nelle zone densamente urbanizzate. Questo perchè le isole di calore urbano hanno mantenuto i valori di temperatura mediamente più elevati rispetto alla periferia, incidendo sull'integrità del manto nevoso al suolo. Possiamo osservare tale evidenza dalle immagini satellitari relative alla distribuzione nevosa tra la Brianza e il Pavese. | Dettagli della Brianza e dell'Oltrepo Pavese - Elaborazione di Matteo Dei Cas La presenza del manto nevoso è stato l'elemento cruciale che ha permesso il consolidarsi dell'inversione termica. L'effetto della neve, sulle temperature vicino al suolo è duplice: essa si comporta infatti come un corpo bianco, ma allo stesso tempo anche come un corpo nero. Di giorno è presente un albedo elevato perchè gran parte della luce incidente (fino all'80-90% con manto nevoso fresco) è riflessa dalla superficie innevata. Questo implica che l'energia proveniente dallo spettro visibile non sia trattenuta ma venga dispersa. Al calare del sole e nella notte assume invece importanza la "proprietà corpo nero" della neve nella gamma dell'infrarosso. La neve emette calore raffreddando rapidamente gli strati d'aria più vicini. In questo modo "catalizza" il calo di temperatura dovuto all' irraggiamento del suolo: un effetto che normalmente è presente nelle nottate calme e limpide. Questo ovviamente non avviene quando il cielo è coperto, in quanto la nuvolosità, oltre ad assorbire la radiazione infrarossa, la riemette in tutte le direzioni e quindi anche verso il suolo, annullando così il raffreddamento radiativo. Non dobbiamo dimenticare che la neve raffredda anche per conduzione (essendo più fredda dell'aria) la pellicola d'aria a stretto contatto con essa. Questo trasferimento di calore però interessa solo uno spessore di pochi centimetri e risulta quindi trascurabile nell'andamento termico di una stazione posizionata a 2 mt dal suolo. | 2) L'EFFETTO DELLE BREZZE La seguente mappa sinottica evidenzia un dislivello barico al suolo tra l'Austria e la Liguria. Questo spiega il regime di circolazione settentrionale con effetto di riscaldamento adiabatico lungo la Pedemontana lombarda. La configurazione barica ha favorito in particolare la comparsa di moti catabatici notturni lungo le zone a ridosso delle Prealpi, in particolare lungo la fascia dei laghi. Nonostante la mappa mostri un'intensificazione dei vettori vento sull'Oltrepo, in queste zone la brezza non si è fatta sentire perchè ha sorvolato lo strato freddo più pesante presente in prossimità del suolo. Nemmeno il soleggiamento pomeridiano è risuscito infatti ad intaccare l'inversione termica, per cui anche di giorno la corrente più mite ha continuato a scivolare sopra lo strato più freddo proprio come farebbe una goccia dell'olio buttato sull'acqua. Sull'Alta Pianura la presenza costante delle brezze settentrionali ha vanificato l'azione di irraggiamento del manto nevoso, ostacolando in particolare il calo notturno a causa del rimescolamento dell'aria nei bassi strati. Inoltre, l'aria piuttosto secca ha permesso un più intenso soleggiamento, per cui anche la radiazione infrarossa ha raggiunto con minor difficoltà il manto nevoso, esaltando le proprietà di assorbimento di calore come corpo nero. In questo modo le temperature massime si sono innalzate progressivamente, deteriorando in questo modo il manto nevoso. Al contrario, sulla Bassa Pianura, le brezze non sono riuscite a raggiungere il suolo, rendendo difficoltosa la rimozione dello strato d'aria pellicolare. In questo modo si è consolidata una sottile ma accentuata inversione termica che tra l’altro si è mantenuta inalterata per diversi giorni. Soltanto l'arrivo delle nubi “taglierà” in modo rapido ed efficace l'irraggiamento notturno, riportando le temperature su valori più omogenei al resto del nostro territorio regionale. | 3) LA COMPONENTE OROGRAFICA L’aria fredda si è sedimentata in particolar modo nelle conche ed in particolare nella Valle del Ticino e nella Lomellina. Le zone altimetricamente depresse risultano infatti riparate dai territori circostanti più elevati e questo ha comportato il ristagno di sacche di aria particolarmente fredda. LE NOSTRE IPOTESI Nessuna delle tre “variabili” prese singolarmente, esplica in modo concreto ciò che è avvenuto, in determinate zone della Regione tra il 9 ed il 13 gennaio. Le tre variabili hanno tuttavia interagito tra loro. Proviamo ad ipotizzare un quadro esemplificativo d'insieme: 1 - L’effetto Albedo ha raffreddato considerevolmente l’aria aumentandone la densità. L’aria fredda è scivolata dall’alta pianura verso la bassa pianura, sedimentando in queste aree. Inoltre, le brezze notturne catabatiche dell’Oltrepo avrebbero “galleggiato” sopra il lago d’aria fredda sedimentato sulla bassa, rendendo impossibile un riscaldamento termico. La presenza dello strato inversionale avrebbe ostacolato l’ingresso del vento di superficie in grado di distruggerla, imponendogli al contrario di sorvolarla. 2 - Allo stesso tempo, l’assenza di vento nei bassi strati avrebbe garantito al “freddo pellicolare” di non essere rimosso per turbolenza. Temperature così basse sembrerebbero essere giustificate maggiormente dalla presenza dello strato freddo. Sicuramente ha influito molto anche l’effetto albedo sull'accelerazione del crollo termico al calare del sole. | IL 10 e L'11 GENNAIO 2009: FREDDE GIORNATE NELL'OLTREPO PAVESE Sabato 10 gennaio è stata una splendida giornata di ghiaccio, con una massima di –2,3°C e una minima di –10,8°C. Non è stato questo però il record della stagione invernale 2008/09. La minima più bassa è stata infatti registrata il 13 gennaio con –13,4°C, mentre la massima più bassa risale al 5 gennaio con –4,6°C. La giornata è trascorsa con cielo terso e con foschia nelle ore più fredde del giorno. E’ stata la seconda giornata dell’anno con l’incantevole fenomeno della galaverna che ha resistito anche nelle ore centrali del giorno nonostante l’assenza della nebbia. Il fenomeno della Galaverna si è ripresentato sino al 14 Gennaio. Anche il giorno successivo si sono presentate le medesime condizioni. | 10 Gennaio 2009, ore 15 - Castelletto di Branduzzo (PV) - FOTO di Fulvio Piazza Di seguito vediamo rappresentato il grafico della temperatura e del DP della stazione di Castelletto di Branduzzo (PV) a cavallo delle giornate del 10 e dell’11 gennaio. Si denota chiaramente l’azione dell’effetto "Corpo Nero" della neve. Osservate come la temperatura sia "crollata” al calare del sole. In 7 ore la temperatura è scesa di ben 8,5°C quindi, più di un grado l’ora (circa 1,2°C). Parimenti si presenta una fase di 9 ore, dalla mezzanotte alle ore 9 del giorno 11, durante la quale la temperatura si è stabilizzata tra i –9 e –10°C. Con l’arrivo del sole la temperatura è schizzata velocemente verso l’alto portandosi verso una massima positiva di 1°C. Dal grafico inoltre si desume che l’aria è costantemente satura in quanto i DP si discostano di poco rispetto alla temperatura. | 10-11 Gennaio 2009 - Temperatura e Dew Point - Castelletto di Branduzzo (PV) - rete CML Stazione meteo di Fulvio Piazza - Elaborazione di Matteo Negri Il “relativo tepore” diurno è stato dovuto al soleggiamento. Non esistono tuttavia evidenze di un possibile riscaldamento ad opera del vento di caduta proveniente dai quadranti settentrionali. Infatti nell'arco delle ventiquattro ore la ventilazione è stata generalmente assente, o al più debole e di provenienza da SudOvest. | 10-11 Gennaio 2009 - Direzione ed intensità del vento - Castelletto di Branduzzo (PV) - rete CML Stazione meteo di Fulvio Piazza - Elaborazione di Matteo Negri Gennaio 2009 è stato un mese abbondante di precipitazioni: 57,1 mm con 5 giorni di neve per un accumulo totale di 35,5 cm. Gli accumuli nevosi più cospicui si sono avuti tra il 6 e il 7 gennaio. E’ stato un mese freddo con una media delle temperature minime di –3,6°C e delle massime di 2,1°C. La media complessiva delle temperature è stata di –0,7°C. Il periodo freddo invece, con temperature molto al di sotto dello zero nelle minime e con giornate di ghiaccio, si è verificato tra il 9 e il 13. In 24 giorni su 31 sono registrate temperature massime superiori allo zero dei quali solo 6 hanno superato i 3°C. Per concludere solamente 4 giorni hanno avuto minime al di sopra dello zero anche se solo di pochi decimi di grado. | CONCLUSIONI La prima decade del 2009 non entrerà certamente nella storia della climatologia, quale una fase eccezionalmente fredda dell'inverno italiano. Il nostro Paese infatti non è stato investito da una colata artica o continentale degna di essere ricordata a lungo. Ciò nonostante questo periodo ha offerto uno spunto molto interessante nello studio del microclima Lombardo, essendo stata la nostra Regione contraddistinta da una eterogenea distribuzione dei fenomeni e delle temperature. Come avrete notato, proprio nelle zone dove ha nevicato di più, le temperature si sono mantenute su valori particolarmente rigidi. La Pianura Padana è tornata ad essere la protagonista dell'inverno di una volta, esprimendo pienamente il suo potenziale di "continentalità", grazie ad un freddo che si è "autoprodotto" e conservato per diversi giorni. Quale potrebbe essere il filo conduttore tra la nevicata dell'Epifania e le gelate del 9/13 Gennaio? Con buona probabilità il ruolo chiave è da attribuire alla ventilazione settentrionale che è discesa dalle Prealpi fino a conquistare l'Alta Pianura, mitigando gli strati d'aria più superficiali per caduta e compressione adiabatica. La stessa corrente che avrebbe determinato l'erosione da Nord del "cuscino freddo" e quindi il termine della nevicata, avrebbe a sua volta vanificato anche l'azione di raffreddamento accelerata dalla presenza del manto nevoso: un fatto, questo, che avrebbe reso difficoltoso il consolidarsi del freddo pellicolare sulle zone pedemontane. |
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