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Quattro fotometeore spesso confuse   Inserito il› 15/04/2010 21.29.25

 

Quattro fotometeore spesso confuse
 
 
Ben ritrovati sulla mia rubrica Meteofotografia. Oggi vi parlerò di un argomento sospeso tra la meteorologia e la fisica dell'atmosfera che, nonostante sia molto affascinante, è inspiegabilmente spesso trascurato e poco conosciuto. Vi presenterò quattro (in realtà tre) delle fotometeore principali che è possibile osservare nei nostri cieli: aureole, pareli, corone e iridescenze. La regina delle fotometeore, cioè l'arcobaleno, e altri fenomeni meravigliosi più difficilmente osservabili come gli spettri di Broken e le glorie, gli Heiligenschein e i raggi crepuscolari saranno trattati in un secondo momento.
 
Prima di tutto: come si può definire una fotometeora? Essa è un fenomeno luminoso prodotto dalla riflessione, rifrazione, diffrazione o, in genere, dall’interferenza della luce solare, lunare o astrale con le particelle presenti nella Troposfera.
 
Il primo punto su cui mi voglio focalizzare è la relativa rarità con cui questi fenomeni si presentano nei nostri cieli. In realtà ci sono fotometeore assai più comuni di altre praticamente uniche. La formazione di certe fotometeore richiede la presenza contemporanea di diverse condizioni particolari e questo rende abbastanza improbabile osservare fenomeni molto ben definiti o completi. Inoltre si presentano con difficoltà soprattutto nei nostri cieli. Le ragioni sono l'elevata umidità media del nostro clima e l'abbondante pulviscolo atmosferico, che rendono di intensità notevole la diffusione di Rayleigh. Cos'è questo fenomeno? E' lo scattering (dispersione) di un'onda luminosa dovuta alla presenza di particelle più piccole della lunghezza d'onda stessa. Pensate ad un meteorite nello spazio (la nostra onda luminosa) che colpisce meteoriti più piccoli (il pulviscolo). Il nostro "sasso gigante", impatto dopo impatto, perderà pezzi che verranno sparsi in ogni dove. Aggiungete allo scattering il fatto che le nostre pianure si trovino pochi metri di altitudine sopra il livello del mare. Questo allunga il percorso che la fotometeora deve compiere in atmosfera per arrivare ai nostri occhi. E purtroppo l'ultima parte del percorso è la più compromettente per il segnale luminoso, dato che tra un'altitudine di 2000 metri e il livello del mare, il numero di particelle sospese nell'atmosfera aumenta, in media, di circa 15 volte.
 
 
 
 
 

 

E' quindi circa 15 volte più conveniente posizionarsi a 2000 metri per osservare una fotometeora e comunque, in genere, fuori dallo strato limite planetario. Cos'è lo strato limite planetario? E' lo strato più basso della Troposfera, dove il vento è influenzato dall'attrito. La sommità dello strato limite planetario è spesso contrassegnata da un'inversione di temperatura, un cambiamento della massa d'aria, una variazione della velocità e/o della direzione del vento. Le inversioni intrappolano l'aria all'interno dello strato limite planetario e non permettono alla convezione di trasferirsi nella media e alta troposfera. In genere, l'altezza del top dello SLP oscilla tra circa 300m nelle notti d'inverno e 3km nei giorni più caldi d'estate e si può riconoscere perchè al di sopra di esso il cielo tende a diventare blu cobalto.
Le pianure del Nord Italia non sono quindi il luogo ideale per l'osservazione di fotometeore. (e non ho nemmeno menzionato l'inquinamento luminoso notturno!) Io stesso ho poche immagini da mostrarvi. Va un po' meglio sulle cime delle nostre montagne.

Una seconda caratteristica comune a tutte le fotometeore è il fatto che ogni occhio e ogni sensore vedrà un fenomeno prodotto da diverse particelle a seconda dell'alineamento di queste con la propria posizione.

Spesso si fa confusione tra aureole, pareli, corone e iridescenze eppure sono fenomeni ben diversi anche all'apparenza! Il problema sta principalmente nelle parole utilizzate, prese dall'inglese e tradotte spesso malamente in Italiano accrescendo così la confusione. Ecco una breve guida che vi permetterà di riconoscerli e saperne qualcosa in più.
 
 
 
 
AUREOLA DI 22°
 
 
 

Buon esempio di metà aureola di 22°. Foto scattata il 26 Marzo 2006 all'Alpe Giumello, Margno (LC)
 
 
 
 
 
Le aureole (o aloni) sono anelli, archi luminosi che circondano il sole o la luna, dovuti alla rifrazione e riflessione della luce dei due astri su cristalli di ghiaccio in sospensione nell'atmosfera costituenti per lo più un sottile velo di Cirrostrati. Vanno quindi cercate in presenza di queste nubi. L'alone più frequente è un anello con centro il Sole o la Luna e raggio di circa 22°; biancastro, presenta talvolta una colorazione rossastra all'interno e più raramente una violetta all'esterno. Sono visibili in tutto il mondo e in qualsiasi periodo dell'anno.
L'aureola è un fenomeno di grandi dimensioni, ma sempre dello stesso diametro in qualsiasi posizione del cielo esso appaia. Si dice che annunci la pioggia, ma non c'è una correlazione diretta dato che i Cirrostrati possono anticipare un fronte caldo, ma non sempre.,
I raggi solari che impattano un cristallo esagonale di ghiaccio e passano attraverso due facce di un prisma inclinate di circa 60° l'un l'altra, sono deviati su un range tra i 22° e i 50°, ma la maggior parte di questi vengono deviati attorno ai 22° perchè il rapporto di variazione dell'angolo di deviazione è più piccolo all'angolo di deviazione minimo. Ecco perchè i margini interni del cerchio sono più brillanti.

 I raggi deviati su un angolo inferiore ai 22° non vengono rifratti ed ecco perchè il cerchio è cavo, quelli deviati su un angolo superiore (margine esterno del cerchio) svaniscono alla vista velocemente perchè sono via via meno intensi.
La luce rossa è riflessa in misura minore degli altri colori e così si distingue chiaramente il margine rosso interno. Gli altri colori si sovrappongono molto di più e il risultato e un margine esterno praticamente bianco (la somma di tutti i colori nel campo delle luci dà come risultato il bianco).

Vale la pena di ripetere che tutte le fotometeore che considereremo in questo articolo sono visibili anche intorno alla Luna. Il nostro satellite comunque ci invia una luce molto più debole di quella diretta del Sole e quindi tutti i fenomeni derivati saranno meno intensi e, a volte, più difficili da identificare. In particolare, i pareli lunari hanno una luce così debole che non è sufficiente per attivare i coni (fotorecettori dell'occhio umano deputati alla visione di giorno e alla ricezione dei colori), ma solo i bastoncelli (non vedono i colori e sono responsabili della visione al buio). Qualcuno di voi ha mai visto un colore in una stanza quasi completamente buia?

 

 
PARELI
 
 
 
I pareli e paraselenii (per quanto riguarda la Luna), anche noti come "sundogs" e tradotti dissennatamente anche come "cani del sole" o "cani della luna" sono, assieme alle aureole di 22°, tra i più frequenti aloni di ghiaccio. Vengono generati in maniera simile alle aureole tant'è che, in casi particolari, possono essere equiparati a pezzi di un' aureola a 22°. Sono osservati più facilmente quando il Sole è basso (tramonto, alba): quando questo è alto si presentano più lontani da esso. Possono essere di brillantezza quasi accecante (angolo del sole sull'orizzontale basso) o, al contrario, sfumature appena visibili (angolo alto). Presentano colorazione rossa verso il Sole e, qualche volta, possono avere sfumatore blu e verdi al di sotto. Sono visibili in tutto il mondo in qualsiasi periodo dell'anno. Possono formarsi anche a pochi metri dalla superficie terrestre in caso si abbiano temperature di molto al di sotto dello zero. In questo caso sono i cristalli ghiacciati presenti nell'aria, noti come "polvere di diamante", a creare le rifrazioni necessarie alla produzione del fenomeno.
 
 
 
 
Nella foto accanto:
Comportamento del parelio in funzione dell'elevazione del sole. L'arco (appena visibile in ogni immagine) è invece un'aureola di 22°. Molto spesso i due fenomeni appaiono insieme. Fonte: http://www.atoptics.co.uk/
Immagine realizzata grazie all'utilissimo e interessantissimo simulatore di aloni "Halo Sim" scaricabile gratuitamente qui
 
 
 
 
Un parelio di grandi dimensioni generato dalla "polvere di diamante" appare sopra i comignoli fumanti di una Kitzbuhel (Austria) a
-18°C . Immagine del 2 Gennaio 2008
 
 
 

Si compongono di cristalli piatti presenti nei Cirri che si muovono fluttuando lentamente verso il basso con le larghe facce esagonali quasi orizzontali. I raggi solari entrano attraverso una faccia laterale e fuoriescono da un'altra inclinata a circa 60° rispetto alla precedente. Le due rifrazioni deviano i raggi di 22° o più in dipendenza dell'angolo di incidenza iniziale. La minima deviazione di circa 22° avviene quando il raggio interno che attraversa il cristallo è parallelo ad una faccia adiacente. Quando l'attraversamento avviene in maniera diversa, si ha tutta una famiglia di aloni diversi meno frequenti come, ad esempio, le colonne di luce (pillars).
Come per l'alone, la luce rossa viene rifratta in misura minore rispetto a quella blu e per questo i margini interni assumono colore rosso.
I pareli però, i quali spesso appaiono assieme alle aureole, sono posti a 22° solo quando il sole ha angolo zero sull'orizzontale (tramonto o alba). E' in questo modo che il raggio di luce attraversa orizzontalmente il cristallo senza toccarne le basi. Alcuni di questi sono deviati a 22°, cioè il minimo angolo di deviazione per un prisma di ghiaccio, per formare il bordo interno (rosso) del parelio. Più l'angolo del Sole è basso, più il parelio è accecante e si estende orizzontalmente. Se l'angolo aumenta, i raggi non riescono più ad entrare orizzontalmente senza toccare le basi: entrano invece obliquamente. In questo modo nessun raggio può fuoriuscire col minimo angolo di deviazione e il parelio risultante si allontana dal sole (e dall'eventuale alone a 22°).
 
 

Bel parelio sui cieli della Culmine di San Pietro, Moggio (LC). 29 Dicembre 2004
 

 

 
 
 
 
CORONE
 
 
 

Corona solare generata dalla frapposizione di una nube bassa di piccolo spessore tra l'osservatore e il Sole. Morterone (LC), 15 Settembre 2006
 
 

 

Se aureole di 22° e pareli sono molto simili per genesi, la corona è una cosa leggermente diversa. E' sovente (ma non sempre!) generata da goccioline invece che cristalli di ghiaccio. Tali goccioline comunque non sono quelle della pioggia: si parla di circa 3 ordini di grandezza in meno (devono "galleggiare" in aria). Inoltre la luce non è semplicemente rifratta o riflessa sulla superficie della goccia come avviene per gli aloni: le sue onde (la luce è un'onda!) sono diffuse in tutte le direzioni del cielo per produrre un pattern ad anello di cui vediamo solamente le sue parti più brillanti. La corona ha centro nel sole o nella luna ed è composta da un'aureola centrale molto chiara e brillante di colore quasi bianco, orlata di rosso e giallo. Gli esemplari più completi possiedono pure uno o più anelli dei colori dell'arcobaleno (dal rosso all'esterno al blu all'interno) anche se meno distinti e più confusi rispetto a questo. Il raggio di tali anelli è piccolo rispetto all'alone a 22° e comunque variabile e dipendente dalle caratteristiche della nube. Questo perchè le corone sono dovute alla diffrazione della luce dell'astro in genere sulle goccioline di una generica nube sottile e nubi diverse hanno dimensioni delle goccioline che le compongono diverse. Piccole goccioline producono le corone più grandi. Qualsiasi piccola particella può creare una corona (pure il polline, la fuliggine o l'appannamento dei finestrini quando si guarda una luce artificiale). Per il principio di Huygens, ogni punto della superficie illuminata (e quindi ogni punto dell'onda incidente) è fonte a sua volta di altre onde di tipo sferico. Queste interferiscono tra di loro per formare zone di luminosità incrementata laddove si ha interferenza costruttiva e zone buie, laddove si ha interferenza distruttiva. Ricordo che quando si parla di interferenza si considera sempre la somma delle ampiezze: se queste hanno lo stesso segno si sommano (interferenza costruttiva) se queste hanno segno diverso, una tende a colmare l'altra (interferenza distruttiva). In generale, nella zona più centrale rispetto all'asse del moto dell'onda, si hanno le aree più brillanti. Altre onde a minore luminosità si aggiungono a causa della riflessione e della trasmissione attraverso la gocciolina. Il risultato è una zona centrale molto chiara circondata da anelli via via meno brillanti, cioè una corona. Se la corona è molto ben delineata e con molti anelli, significa che le particelle sono tutte di dimensione simile.
 

Illustrazione del processo delle interferenze.
 
 
 

Si sa che il bianco è la somma di tutti i colori, quindi nella parte centrale di una corona si ha sovrapposizione di tutte le emissioni, almeno nel campo del visibile. Lo spessore dell'anello di ogni singolo colore in una corona dipende dalla lunghezza d'onda di questo. E' così che l'anello rosso, avente lunghezza d'onda di circa 750 micrometri è largo circa il doppio di quello violetto, che ha lunghezza d'onda di 380 micrometri. La maggior parte dei colori è comunque sovrapposta e non ben separata come in un arcobaleno.
Le corone lunari sono molto più comuni di quelle attorno al sole.

 

Una corona solare si specchia in un laghetto periglaciale nei dintorni di Surlej, Engadina, Svizzera, 9 Giugno 2007. Fotografare il riflesso del cielo nell'acqua è una delle tecniche più usate nella fotografia di corone solari perchè abbatte la brillantezza della luce diretta verso il fotoricettore.
 
 
 
Corona lunare fotografata con un lungo tempo di esposizione e vento forte in quota. La radiazione notevolmente rossa alla base dell'immagine non è altro che inquinamento luminoso in concomitanza con una densa foschia (non più presente poche centinaia di metri sopra). Kitzbuhel, Austria, 4 Gennaio 2007
 
 

 

IRIDESCENZE
 
L'iridescenza è una colorazione che si osserva nelle nubi per lo più su delicati toni verdi o rosa. In effetti è una porzione irregolare di corona solare in cui alcune parti della nube (media) vicina al sole, diffrange la luce solare sulle gocce d'acqua che compongono la stessa nube. Questo fenomeno purtroppo non è facile da osservare in quanto le nubi che si tingono di suddetti colori sono sempre molto vicine alla posizione del Sole, per cui molto pericolose da vedere. Anche in questo caso i colori dell'iridescenza dipendono principalmente dalla dimensione delle gocce d'acqua e dalla posizione dell'osservatore. Da notare che i migliori risultati cromatici sono dovuti algli Altocumuli e agli Altostrati, in cui le gocce sono molto piccole (circa un micrometro).
I colori, di solito delicati, possono essere in chiazze o bande quasi casuali sui margini delle nubi. L'unica organizzazione che possono avere è quella in anelli della corona quando la dimensione delle goccioline è uniforme. Appaiono soprattutto con nubi lenticolari. certe volte un 'iridescenza può essere vista lontana dal Sole, ma è più frequentemente vicina.

 

Un altro scatto della sera del 4 Gennaio 2007 a Kitzbuhel, Austria. In questo caso la corona non è completa quindi si parla di iridescenza. La macchia rossa sulla destra è la nebbia in arrivo. Questa immagine illustra quindi molto bene anche le capacità riflettenti delle nubi.
 
 
 
 

FOTOGRAFARE LE FOTOMETEORE
 

Sicuramente le fotometeore sono imprevedibili. Se spesso è difficile prevedere le condizioni del tempo, essere in grado di predire la presenza di qualche bell'aureola o parelio lo è ancora di più. Per darvi un'idea, bisognerebbe essere in grado di predire con precisione perlomeno se ad un certo istante vi sarà una nube alta senza altre nubi al di sotto, il tipo di questa nube, la posizione esatta e l'angolo del Sole in quel momento. Vi renderete conto che non è affatto semplice. Va detto che se guardando il cielo ci accorgiamo che le condizioni sono propizie, raramente si rimarrà delusi. Basta attendere davvero poco tempo e sapere dove cercare. Gli occhiali da sole possono essere un valido alleato per scrutare il cielo alla ricerca di qualche debole alone.
Questi fenomeni sono spesso fotografati da soli, come soggetto principale, ma secondo me possono dare quel tocco in più anche ad un paesaggio.
Un punto fondamentale è che non sempre si ha il tempo di trovare lo scatto perfetto e impostare tutti i parametri della fotocamera, mettere in stazione un cavalletto o applicare filtri. Il momento top potrebbe durare solo pochi secondi e dopo è perso per sempre. Suggerisco quindi sempre di provare prima uno scatto con impostazioni abbozzate e, solo in seguito, fare un tentativo più avanzato. Dipende molto anche dal tipo di fenomeno che stiamo considerando: un'aureola a 22° incompleta può durare anche molti minuti evolvendo in maniera differente. Un parelio appare in genere all'alba o poco dopo o al tramonto o poco prima, quindi, anche nel caso migliore, (pattern nuvoloso invariato), si hanno pochi minuti. Una corona è assai instabile: in genere le nubi che la formano scorrono assai velocemente... a volte si hanno solo alcuni secondi. Anche di notte, quando si dovrebbero usare tempi di esposizione più lunghi. E' bene ricordarsi di aver caricato le batterie e avere la scheda di memoria abbastanza libera dato che il fenomeno potrebbe migliorare col tempo.
E' di grandissimo aiuto impostare la messa a fuoco manuale bloccata su infinito: infatti il focus automatico fa molta fatica a mettere a fuoco il cielo per via della scarsità di contrasti. Un alone o un parelio potrebbero non contrastare sufficientemente col cielo.
 
Non guardate direttamente il sole attraverso il mirino della vostra fotocamera. Un esposizione anche di un solo secondo potrebbe produrre danni irreparabili alle retine! Pure le lenti fotografiche non dovrebbero essere esposte al sole diretto senza filtri speciali.
 
Per fotografare un'aureola servitevi di un oggetto che copra il disco solare. Questo, oltre ai vantaggi per la retina e la lente, faciliterà la scelta dell'esposizione corretta, poichè le differenze di illuminazione della scena decresceranno drasticamente.
Per via della grande dimensione che questi fenomeni possono raggiungere, avere sempre con sè un grandangolo è un must. In ogni caso si può pensare di scattare diverse immagini adiacenti per poi tentare di sovrapporle a casa con un software (per esempio Photomerge di Photoshop). Cercate di massimizzare l'area che poi andrete a sovrapporre per rendere più facile il lavoro del programma vista la non completa affidabilità di tali softwares. In generale, evitate di includere aree con illuminazione troppo diversa. Tenete conto che, per una questione di geometria dell'immagine e distorsioni, si uniscono meglio foto con lunghezza focale di circa 50mm (che indicativamente corrisponde al valore di 35mm delle vecchie reflex a pellicola). 
Potrebbe essere una buona idea scattare le fotografie da unire successivamente in verticale, per avere una maggiore ridondanza delle informazioni e transizioni più frequenti e uniformi. In questo caso però tenete conto delle risorse computazionali che verrebbero mobilitate e quindi non cercate di creare panoramiche con angoli di visuale orizzontale troppo ampi.
Se vi trovate a fotografare in pieno giorno, il filtro polarizzatore (molto comodo è quello circolare) può migliorare la resa delle vostre immagini. Insieme al paraluce dell'obiettivo, permette di eliminare riflessi, di dare omogeneità alla foto e, soprattutto, di offrire un maggior contrasto e definizione in quegli effetti dove i colori sono appena accennati o dove si mescolano con il bianco delle nuvole. In accoppiata ad esso, ma solo in presenza di forte luce, possiamo utilizzare i filtri neutral density di varia graduazione. Essi aiutano ad abbassare i valori di esposizione in prossimità del sole e rendono così l'illluminazione della scena un po' più uniforme.
Ovviamente non ha alcun senso aumentare la sensibilità (ISO) tranne forse per le corone in notturna, quindi tenetela al minimo.
Per via dello scarso risalto del soggetto rispetto allo sfondo, la compressione digitale è un nemico quantomai pericoloso. Evitatela! Scattate preferibilmente in raw e, se siete costretti al JPEG, mantenete la qualità sempre al massimo.
 
 
Per qualsiasi curiosità, richiesta o commento scrivetemi qui: Seleziona Meteofoto
 
 
Il mio sito internet: Stefano Anghileri photography
 
 
Fonti consultate: http://www.atoptics.co.uk/
                                                                                                                            
 
Stefano Anghileri

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