Giovedì 08 Agosto 2002 - Ore 16:00

Analisi sinottica di un evento di portata storica:
la grandinata a Casorezzo del 18 Agosto 1986

 

Premessa:

Cercare di analizzare a tanti anni di distanza un evento di portata storica eccezionale come la grandinata di Casorezzo del 18 Agosto 1986 è abbastanza complesso. Tuttavia, grazie ai numerosi archivi di dati meteorologici e immagini satellitari presenti in internet, oggi possiamo tentare una ricostruzione dell'evento.
Innanzitutto è degno di nota un particolare assolutamente rilevante: nel 1986 si è verificata un' altra grandinata eccezionale sul nord Italia, precisamente in Romagna. Il 29 Giugno 1986 una probabile supercella HP ( High Potential ) investe in pieno la Romagna con traiettoria NNE-SSO, devastando molte zone con venti fortissimi ( oltre i 100 km/h ) e grandine fino a 8 cm, su un' area molto vasta. Per saperne di più, potete consultare il reportage di Meteoromagna all'indirizzo:

  http://www.meteoromagna.com/climatologia/Bonc. 86.html.

 

Analisi sinottica

 

Tornando al nostro caso di Casorezzo ( MI ), partiamo analizzando la situazione del geopotenziale a 500 hPa e della pressione al suolo in questa mappa combinata, alle 00z del 18 Agosto 1986:


Cortesia: Wetterzentrale

Si nota una profonda saccatura alla quota di 500 hpa protesa sulla penisola Iberica, la quale "spara" letteralmente un letto di fortissime correnti sud-occidentali fin sulla Russia, collegandosi ad un altro vortice freddo ivi presente. Numerose ondulazioni sono presenti in questo letto di correnti, ma la scarsa tendenza a pronunciarsi, nonostante un promontorio anticiclonico sub-tropicale proteso su gran parte dell' Italia, denotano che siamo quasi sicuramente in presenza di una violenta corrente a getto.

La nascita di tale getto è identificabile in quel nocciolo più basso di geopotenziale individuabile grosso modo a Sud della Groenlandia, oppure a SW dell'Islanda. Procedendo verso Sud, incontra la saccatura ed il promontorio africano, quindi curva e accelera per poi integrarsi nel letto di correnti presente sul quasi tutta l' Europa. Si ricorda che le correnti a getto svolgono un ruolo fondamentale nella genesi di intense manifestazioni temporalesche, siano esse a supercella oppure no.

Dall' analisi della pressione al suolo si deduce invece che il fronte freddo associato al flusso di correnti sud occidentali sta interessando in queste ore proprio la penisola iberica, dove con quel piccolo promontorio anticiclonico di 1015 mb si evidenzia l'aumento di pressione post-frontale. La pressione sull' Italia è livellata, mentre sui mari ad Ovest inizia inesorabilmente a calare per l'approssimarsi del fronte.

Vediamo di seguito una analisi della temperatura a 850 hPa per le 00z del 18 Agosto 1986:



Cortesia: Wetterzentrale

Da questa mappa si deduce che sull' Italia vi era stato un periodo estivo abbastanza caldo, e molto probabilmente molto umido a causa della presenza dell' anticiclone africano, che con la sua spinta da Sud porta l' umidità marittima ad interessare progressivamente anche la Pianura Padana, ed a ristagnarvi. Notate inoltre che non vi è presenza di aria fredda, né tanto meno irruzioni fredde notevoli sul Nord Europa. Una estate normale, insomma.

In queste condizioni il fronte freddo non può che essere considerato "debole", in quanto la capacità di scalzare via l'aria calda da parte dell'aria fredda che entra in prossimità del fronte è abbastanza blanda.

Vediamo di seguito la mappa del geopotenziale a 500 hPa per le 00z del 19 Agosto 1986:



Cortesia: Wetterzentrale

A quest'ora il fenomeno era già accaduto, e si nota che il fronte sta lavorando in pianura padana, con il calo di pressione che lo precede. Credo che classificare quel temporale come pre-frontale sia sostanzialmente corretto. Questa è una pre-classificazione, in seguito cercheremo di scoprirne anche il tipo. Intanto vediamo anche la mappa della temperatura a 850 hPa alla stessa ora di quella sopra:


Cortesia: Wetterzentrale

Nessun calo termico rilevante: addirittura la pianura padana ( parte Nord ) è ancora attraversata dall' isoterma di +15°C, valore normalissimo per questa stagione.

In sostanza, abbiamo largamente dimostrato che il fenomeno in questione non è nato per contrasto termico: il gradiente termico orizzontale che segue il fronte ( oppure anche a Nord del fronte stesso ) è veramente molto blando. Solamente con temperature dell' ordine dei 40°C avrebbe potuto creare un contrasto termico tale da scatenare la formazione di temporali.

Cerchiamo allora di capirne di più dalle immagini satellitari. Vediamo di seguito alcuni scatti effettuati dal satellite polare NOAA:



Cortesia: Dundee Satellite Receiveng Station

L' immagine qui sopra è stata scattata nella banda del Visibile alle 13:32 UTC del 18 Agosto 1986, quindi alle 15:32 ora Italiana, circa 3 ore e mezza prima dell'evento. Si notano molti particolari interessanti in questa immagine. Per comprendere al meglio tutti i dettagli e fare un confronto vediamo lo stesso scatto ( alla stessa ora ) preso nella banda IR:


Cortesia: Dundee Satellite Receiveng Station

Si nota innanzitutto la forma delle celle orientate con il flusso di correnti sud occidentali, grossomodo passante da una fascia compresa tra la valle del Rodano e le nostre regioni nord orientali. Le celle presentano una forma estremamente "allungata", soprattutto quella sulla valle del Rodano in concomitanza con l'arrivo della linea di instabilità. Normalmente in gruppo di celle in formazione con queste caratteristiche di pressione e venti in quota assume la forma di un fronte compatto con contorni sagomati a "cerchio", definiti cioè dallo sviluppo successivo di celle temporalesche, che con la loro nuvolosità associata rendono visibile il fronte stesso. Questo perché le correnti ascensionali sono intense e numericamente più "veloci" delle correnti in quota. Vedere un pattern nuvoloso simile al satellite è indice quasi sicuro di correnti di estrema violenza a tutte le quote, in quanto i flussi ascensionali non hanno il tempo di costituire l'espansione posteriore delle incudini.

Inoltre le incudini sono spazzate notevolmente verso levante dalla forte corrente a getto presente in alta quota.

Una situazione del genere è ad alto rischio di fenomeni temporaleschi molto violenti, in quanto il gradiente termico verticale è per così dire "amplificato" dall'intensità dei flussi d'aria. Maggiore è la quantità di aria spostata in quota rispetto al suolo ( considerato sulla verticale ), maggiore sarà il "richiamo d'aria" dal basso per compensare la perdita d'aria. L' instaurazione di tale meccanismo avviene a "macchia di leopardo", ma se nel punto dove avviene l'aria al suolo è molto calda ed umida, essa viene "aspirata" verso l'alto fino al limite della troposfera dalla corrente a getto, determinando la formazione di temporali in gergo "esplosivi".

I fenomeni generati da tempeste che si formano in queste condizioni non sono assolutamente coerenti con il profilo termico verticale dell'atmosfera, e spesso nemmeno con la circolazione generale, in quanto si possono formare anche al di fuori di qualsiasi perturbazione o saccatura.

Propongo infine, prima del "verdetto finale", uno scatto dal satellite di alcune ore dopo il passaggio della tempesta, precisamente alle 03:27 del 19 Agosto 1986:


Cortesia: Dundee Satellite Receiveng Station

Vedete che i temporali hanno già lasciato il nord Italia, mentre ancora qualche cella isolata insiste sull'alta Lombardia e alto Veneto. Si nota anche l'addossamento del fronte freddo alla catena alpina.
- Conclusioni -
Considerando l'analisi sinottica effettuata ed i fenomeni che hanno accompagnato il fortunale ( si ricorda che la grandine caduta aveva 10 cm di diametro ed ha lasciato un accumulo al suolo localmente eccedente i 50 cm, devastando al 100% ogni forma di vegetazione ed i tetti delle case ), si può affermare con discreta attendibilità che si sia trattato di fenomeni associati ad un temporale a multicella con profilo verticale inclinato all' inverosimile.

Infatti, data comunque la localizzazione dei fenomeni, non si può parlare di supercella in quanto se così fosse stato avremmo avuto danni anche in altre località ad est, soprattutto per la grandine ed il vento. Una supercella di questa intensità sarebbe anche stata in grado di produrre Tornado di una certa intensità, ed i danni sarebbero stati catastrofici, sommati a quelli della grandine.

E' probabile che il debole flusso pre-frontale che sicuramente si è instaurato ( se non al suolo, in prossimità di esso ) prima del temporale, sia stato sufficiente a creare la potente cella convettiva verticale necessaria alla formazione di questa grandinata eccezionale. Infatti, se avessimo a disposizione i radiosondaggi, potremmo calcolare il "delta" ( cioè la differenza ) tra la forza dei venti al suolo ( o comunque sotto gli 850 hPa ) ed in quota (nell'intorno dei 200-300 hPa). Purtroppo i radiosondaggi non sono disponibili. Proviamo a schematizzare con un disegno quello che è accaduto ( e quello che di norma accade in temporali simili ):



Cortesia: Meteoestremo.com

In questi casi la violenta corrente ascensionale ( linea rossa ) che si instaura "tira" con se buona parte del flusso freddo discendente ( linea blu ), che include pioggia e grandine. In questa fase il temporale ha già un aspetto molto minaccioso ma non ha shelf-cloud, in quanto l'outflow non si è ancora instaurato proprio a causa della cella convettiva verticale mostrata in figura. La grandine ( palline verdi )ha il tempo di effettuare diverse salite e discese, finché le condizioni lo consentono. Se le correnti sono molto intense, i chicchi diventeranno di dimensione enorme come fu in questo caso, ed inoltre la costanza dei venti in quota ed al suolo fa sì che la configurazione si protragga per lungo tempo.

Quando l'equilibrio si rompe, la cella collassa e rilascia tutto quello che si trova al suo interno. Più sarà "carica" di acqua e grandine, e più presto si autodistruggerà, in quanto l'outflow ora al suolo "tappa" la risalita di carburante per alimentare la corrente di inflow. Vediamo lo schema seguente:



Cortesia: Meteoestremo.com

La massa di grandine presente all'interno della cella ( palline verdi ) scende violentemente verso il basso in quanto molto pesante, trascinando con sé anche parte dell'aria fredda ivi presente, causando violentissime raffiche di vento e la formazione di una ben definita e molto bassa shelf-cloud ( linea nera in prossimità del suolo nella parte frontale della cella ). La durata e l'intensità dei fenomeni dipende da quanta "materia" è stata accumulata durante il ciclo di convezione della cella stessa. Come detto, nel nostro caso fu un evento raro e catastrofico.

La shelf-cloud e la formazione dell'outflow bloccano definitivamente la risalita di carburante verso la corrente di inflow della cella, causandone il collasso. Ecco perchè in un temporale a multicella ad asse inclinato, rispetto ad uno a supercella, la grandinata può essere violentissima ma localizzata. La supercella non collassa in quanto la corrente di inflow e la corrente di outflow che si generano non interferiscono tra loro, avvolgendosi nella rotazione indotta dalla cella stessa ( mesociclone ). Inoltre in un temporale a supercella la grandine cade nella parte posteriore del temporale stesso, mentre in una multicella di questo tipo il grosso avviene immediatamente dopo il passaggio della shelf-cloud.

Speciale per il Centro Meteo Lombardo
a cura di Simone Lussardi
www.meteoestremo.com