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13-15 Dicembre 2012: la nevicata "quasi impossibile"   Inserito il› 10/01/2013 11.40.58
 
 
 
 
 
La neve: bella, desiderata, odiata e a volte impossibile!
Un fenomeno meteorologico che non lascia indifferenti la maggior parte delle persone, e per di più affascina molti di noi meteoappassionati fin dai più teneri anni dell'infanzia.
Se la neve è molto più bella, quanto comune in montagna... potrebbe sembrare scadente quando si presenta umida sulle nostre pianure, o tantopiù quando la ritroviamo sporca in città. Ma da sempre lo spettacolo della "Dama Bianca" ci affascina proprio perchè è raro: una ricorrenza che si presenta non sempre e comunque per pochi giorni all'anno, una festa per gli amanti della natura e della meteorologia.
Una lieta attesa la vigilia di una nevicata, un triste arrivederci il suo concludersi... ed anche quando siamo consapevoli che i giochi stanno per terminare e che ormai siamo agli sgoccioli, speriamo sempre nel miracolo che va al di là dei modelli di previsione, quasi a volere infrangere le leggi della fisica.
Si spera appunto che la neve continui a cadere più a lungo, regalandoci fino alla fine un ultimo centimetro anche fradicio, e che ogni fiocco non venga perso con l'incedere della pioggia... allontanata con tutti gli scongiuri inimmaginabili, perchè in poche ore può cancellare una nottata da sogno.
Ed ecco la storia di una neve come tante altre : non molta, non particolarmente bella, ma soprattutto impossibile.
Un evento non sperato, che si è concretizzato grazie alle peculiarità del nostro meraviglioso microclima lombardo: la neve, che questa volta ci ha sorpreso resistendo stoicamente all'inesorabile aumento della temperatura; i suoi fiocchi che, a parte qualche breve fase di stanca, sono caduti a larghe falde "quasi commuoventi" per vincere la loro eterna battaglia nelle nostre pianure.
 
 
 
 
 
Perchè la neve in pianura è molto più rara che in montagna?
La risposta sembra scontata: in montagna fa più freddo. In effetti una località posta mille metri più in alto di un'altra dovrebbe registrare una temperatura media di almeno cinque o sei gradi più bassa. Per questo al sopraggiungere di una perturbazione in regime zonale (senza significative avvezioni di masse d'aria calde o fredde), normalmente in inverno al di sopra di una certa quota - che sulle Alpi si identifica attorno ai 600/800 metri - si spera nell'arrivo della neve.
In pianura la situazione è più complicata, perchè esistono zone capaci di produrre freddo o meglio di sedimentarlo, mentre altre situate a quote anche leggermente più elevate sono in grado solo di importare il freddo.
Quindi per sperare in una nevicata non altimetrica e comunque ben distribuita su tutto il nostro territorio si deve presupporre l'arrivo di aria sufficientemente fredda o per lo meno sufficientemente asciutta, tale da permettere ai primi fiocchi di neve che cadono dal cielo di "farsi strada" verso il basso sottraendo calore all'ambiente circostante con la loro stessa evaporazione.
Tutto questo è accaduto nel corso di questa nostra affascinante nevicata dicembrina, suddivisa tra l'altro - come vedremo - in due eventi molto ravvicinati ma tra loro distinti.
 
Un impulso di aria artica marittima (mA) proveniente dalla Scandinavia ha raggiunto la Pianura Padana, apportando un nocciolo molto freddo in quota, dell'ordine di oltre -35°C a circa 5300 metri. La colata fredda è stata favorita da un Blocking sulle Isole Britanniche, identificabile in una spinta verso Nord dell'anticiclone delle Azzorre.
Lunedì 10 Dicembre, dopo una breve parentesi più mite, le temperature sono nuovamente crollate sull'Arco Alpino, raggiungendo nelle conche più interne e negli altopiani valori anche inferiori ai -20°C.
A quote più basse ed in pianura le temperature sono risultate decisamente più miti, soprattutto nelle zone pedemontane e dell'alta pianura, spesso interessate da venti di caduta ed effetti favonici nel corso di questa prima decade di Dicembre.
In tal modo uno spessore di qualche centinaio di metri si è mantenuto sufficientemente secco, tanto da potersi per bene raffreddare  con l'arrivo delle prime precipitazioni e consentire una nevicata degna di nota fino in pianura.
 
 
 
 
10 Dicembre 2012: Analisi GFS isobare al suolo e geopoteziali a 500 hPa - FONTE: www.wetterzentrale.de - Elaborazione di Matteo Dei Cas
 
 
 
Il cambio di rotta da una configurazione fredda settentrionale ad un tipo di tempo occidentale dinamico e mite è avvenuto piuttosto rapidamente: sono infatti venute a mancare questa volta quelle antipatiche situazioni di stallo caratterizzate da afflussi umidi poco produttivi, che apportano per più giorni "nubi sterili" ed umidificano inutilmente la "colonna d'aria nevosa" al punto da deteriorarla. Questo tempismo è un punto che ha certamente giocato a favore dei nivofili.
La prima perturbazione atlantica è stata sufficientemente produttiva, in quanto sostenuta da una discreta avvezione di vorticità in media troposfera: in altre parole una debole saccatura mobile in rapido trasferimento da Ovest verso Est ha dato luogo alla classica nevicata post-favonica su buona parte della nostra regione.
Un tipo di neve che propaga rapidamente aria fredda verso il basso, creando temporaneamente il tipico "cuscino padano": uno strato freddo nei bassi strati, destinato ad essere letteralmente spazzato via dal treno delle correnti atlantiche.
 
La mappa sottostante descrive infatti la completa scomparsa del Blocking atlantico, ed al contrario una vivace ripresa del vortice polare (VP). Questo comporta un approfondimento della depressione di Islanda ed un significativo rinforzo delle correnti occidentali di natura atlantica, con avvezione di aria polare calda marittima (mPw) fin sull'Europa Centrale.
Le masse d'aria oceaniche, pur non eccessivamente calde, sono sufficientemente miti da elevare la quota neve fino ad altitudini di media montagna. Il rinforzo della ventilazione a tutte le quote, come possiamo osservare dalle isobare molto fitte, lascia supporre una repentina sostituzione di masse d'aria: in questo modo qualsiasi traccia di freddo viene rapidamente rimossa dalle pianure del nostro continente, caratterizzando un tipo di tempo generalmente mite e variabile.
Sulla base di queste premesse dettate dall'inquadramento sinottico, avremmo dovuto sperare probabilmente in un primo passaggio nevoso piuttosto rapido seguito da un rapido aumento termico ed un secondo passaggio perturbato nettamente piovoso. L'incremento termico avrebbe dovuto presentarsi in modo inesorabile e perentorio, innalzando nel corso di poche ore anche la quota neve.
I fatti però si sono svolti diversamente, con la Dama Bianca che ha prevalso anche nel corso della seconda "spallata atlantica" grazie al nostro peculiare microclima lombardo.
 
 
 
 
14 Dicembre 2012: Analisi GFS isobare al suolo e geopoteziali a 500 hPa - FONTE: www.wetterzentrale.de - Elaborazione di Matteo Dei Cas
 
 
 
La mappa sottostante - riferita alla serata di Venerdì 14 Dicembre - vuole concentrare l'attenzione sulla distribuzione del campo barico al suolo poco prima dell'ingresso della seconda perturbazione. Le isobare molto fitte associate alla depressione di Islanda depongono per una ventilazione sostenuta dai quadranti occidentali su tutta l'Europa centrale. Le correnti al suolo tendono a disporsi nettamente da SudOvest nel aggirare l'ostacolo alpino, e raggiungono le coste tirreniche sottoforma di intensi venti di libeccio. Il catino padano, pur calato in un contesto sinottico decisamente ciclonico, gode di una relativa ansa di alta pressione: questo è dovuto al ristagno di aria più fredda e densa intrappolata dalla chiostra alpino-appenninica. Nel frattempo la massa d'aria che fluisce nei bassi strati a nord delle Alpi è decisamente più mite.
Il gradiente di pressione che viene a crearsi favorisce una discesa di aria fredda verso il mar ligure attraverso i passi appenninici, un fatto che coglie alle spalle Genova con l'arrivo della neve. A pari modo il dislivello di pressione tra le Alpi favorisce la risalita di masse d'aria più fredda dalla  Pianura Padana verso Nord, a ridosso dei primi contrafforti prealpini. Questo contribuisce a concentrare nubi e fenomeni lungo la fascia pedemontana.
La situazione è del tutto differente rispetto alle tipiche situazioni di scirocco, che hanno caratterizzato la maggior parte delle nevicate da raddolcimento di questi ultimi anni.
 
  
 
14 Dicembre 2012, ore 18:00 UTC - Analisi sinottica al suolo dell'Europa centro-occidentale - FONTE: www.meteocentre.com 
 
 

L'animazione satellitare qui sotto mostra l'ingresso ravvicinato - a distanza di poche ore - delle due perturbazioni atlantiche.
Risulta quanto mai notevole la velocità di spostamento dei corpi nuvolosi, grazie alla vivacità delle correnti portanti occidentali; ruolo cruciale la spinta della corrente a getto e le sue ondulazioni, che danno origine per l'appunto al tipico treno di depressioni mobili delle medie latitudini. La prima perturbazione è associata alla bella nevicata post-favonica iniziata nella tarda serata di giovedì 13, per protrarsi fino alla mattinata di venerdì 14 Dicembre. Dopo un intervallo di poche ore, dove tra l'altro in alcune zone non è mai cessato di cadere qualche debole ed intermittente precipitazione, in serata il tempo è nuovamente peggiorato.
La seconda perturbazione, più estesa ed apparentemente più minacciosa, avrebbe dovuto apportare pioggia su quasi tutta la Pianura Padana. In realtà è caduta neve fino in pianura per molte più ore di quanto si potesse immaginare, in molti casi per tutta la notte e localmente fino al completo termine della fase perturbata. Si è trattato in questo caso di una nevicata decisamente al limite, certamente altimetrica e classificabile tra quelle da cuscino.

 

13 / 14 dicembre 2012 - Animazione Meteosat nello spettro infrarosso, scansione ogni due ore - FONTE: www.sat24.com
Per visualizzare la moviola cliccare sopra l'immagine - N.B. L'apertura del file potrebbe richiedere qualche istante
 
 
 
Soffermiamo un momento la nostra attenzione sull'ingresso della seconda perturbazione atlantica, con l'avamposto del fronte caldo che abborda la nostra regione già dal primo pomeriggio di venerdì 14. Si evince nell'intervallo il persistere di nubi basse piuttosto estese e compatte, del tipo stratocumulus. Forse se si fosse presentata nel corso di questo intervallo qualche schiarita, le condizioni termo-igrometriche nei bassi strati si sarebbero rapidamente compromesse.
La parte attiva del fronte caldo ha conquistato la nostra regione molto rapidamente, dando origine ad un repentino peggioramento del tempo poco dopo il tramonto. Il fronte freddo ha scavalcato le Alpi alle prime luci dell'alba di sabato 15, senza dare luogo ad un rinforzo della ventilazione nei bassi strati e nemmeno - al suo seguito - ad un calo termico. L'ondulazione ciclonica, lunga e poco profonda, ha traslato molto rapidamente e non ha dato origine ad una ciclogenesi mediterranea. Forse, anche per questa ragione è mancato un vero e proprio richiamo caldo subtropicale: un fatto, questo, che potrebbe avere contribuito a contenere in parte l'innalzamento delle temperature e a rallentare l'erosione del cuscino freddo.
 
 
 
14 / 15 dicembre 2012 - Animazione Meteosat nello spettro infrarosso, scansione ogni due ore - FONTE: www.sat24.com
Per visualizzare la moviola cliccare sopra l'immagine - N.B. L'apertura del file potrebbe richiedere qualche istante
 
 
 
 
Tre giornate di neve sulla Lombardia, con accumulo su tutto il territorio nessuno escluso.
Fin qui niente di particolare da raccontare,  se non una certa controtendenza rispetto a questi ultimi anni che vedeva nella Bassa Pianura il settore più nevoso della regione. Nel nostro caso salta invece subito all'occhio una maggiore concentrazione delle precipitazioni, e quindi dell'accumulo nevoso, sulle Prealpi e lungo la fascia Pedemontana:  l'ordine medio in pianura è risultato per queste zone compreso tra i 15 ed i 20 cm. Non mancano poi naturalmente le eccezioni correlate al microclima: l'andamento della nevosità segue l'altimetria, con le Orobie in testa (segnalati 35 cm a Zambla, 50 cm Arera) e le Alpi Retiche della Valtellina a misurare un manto nevoso di oltre 30 cm; accumuli inferiori al contrario sono stati registrati lungo la fascia rivierasca dei laghi ed in particolare sul basso Lario, solita "isola" mite incastonata tra le Prealpi.
Differenze molto marcate nell'ambito del medesimo settore regionale, da attribuire a quelle situazioni "al limite" del giorno 15 dicembre, quando la qualità della precipitazione nevosa è rapidamente decaduta per poi cedere il passo alla pioggia: situazioni, queste, in cui la quota altimetrica torna ad assumere un ruolo determinante.
 
Allargando lo sguardo al resto del nostro territorio osserviamo un netto calo della nevosità complessiva procedendo verso Sud: una media di una decina di centimetri sull'Alta Pianura (Milano città compresa), e via via sempre meno verso la Bassa Pianura. Qui soprattutto non si osservano le tipiche differenze tra i settori orientali e quelli occidentali: Mantova registra più o meno gli stessi centimetri di Pavia, ed anche questo andamento si oppone al trend degli ultimi anni. Infatti le più recenti stagioni invernali hanno visto un assetto perturbato caratterizzato dallo sviluppo di un minimo chiuso sul Tirreno, alimentato da venti di scirocco e da un Flow Around delle correnti a ridosso delle Prealpi: questo comportava una concentrazione delle precipitazioni sulla Bassa Pianura, un'erosione del cuscino freddo a partire dai settori orientali ed uno schiacciamento del medesimo a partire dai rilievi più settentrionali verso la Pianura.
Il caso del 13-15 Dicembre 2012 invece ricorda le nevicate di una volta, quando il manto nevoso era più abbondante a Nord di Milano verso le Prealpi, pur con le solite eccezioni dovute all'altimetria o alla presenza dei laghi.
Si tratta sempre della tipica nevicata da raddolcimento che pone fine ad un periodo freddo e regala una buona quantità di neve, ma in questo caso la dominante sudoccidentale delle correnti perturbate e l'assenza di un centro depressionario sul Mar Ligure favorisce la risalita dei nuclei di precipitazione verso l'Alta Lombardia con una maggiore concentrazione a ridosso delle Prealpi.
 
 
 
13-15 Dicembre 2012 - Totale neve cumulata in Lombardia - Elaborazione di Bruno Grillini - FONTE: dati rilevati della Rete di stazioni CML
 
 
 
La vera peculiarità di questo evento consiste nella resistenza del fiocco di neve sulla pioggia e l'inatteso ritardo in cui si è verificato il passaggio di stato della precipitazione: nel corso della serata del 14 Dicembre ci saremmo aspettati il prevalere della pioggia su tutta la pianura a causa di un deciso riscaldamento in quota, ma la realtà dei fatti - a dispetto di alucni modelli di previsione - non è stata questa.
Osserviamo la mappa sottostante, elaborata sulla base delle segnalazioni dei nostri forumisti (sezione Nowcasting) circa il passaggio da neve a pioggia. Le linee rappresentate sono isocrone che raffigurano approssimativamente l'orario in cui si è verificata la trasformazione della precipitazione e forniscono nel loro insieme un quadro davvero originale.
La nevicata è durata quasi dodici ore in più sui settori nord-occidentali, capitolando solo alla prime luci dell'alba del giorno 15 quando ormai tra l'altro anche le precipitazioni si stavano esaurendo completamente. In queste zone i fiocchi bagnati (sottoforma di rovesci anche di moderata intensità) si sono protratti per tutta la notte, dando spazio soltanto alla tipica pioviggine di fine evento, associata alle prime schiarite in quota e ad un relativo miglioramento del tempo.
Su buon parte della pianura la pioggia ha invece preso il sopravvento nel corso della nottata: l'avanzata del passaggio di stato avviene gradualmente con il trascorrere delle ore seguendo una diagonale da SudEst. La neve saluta la pianura pavese poco dopo avere abbandonato quelle bresciana, un fatto come abbiamo già detto piuttosto insolito in questi ultimi anni! Il nostro Capolougo capitola qualche ora dopo la mezzanotte, mentre la neve resiste stoicamente sulla Brianza e lungo l'asse pedemontano Varese/Como/Lecco: i nostri metoappassionati più incalliti hanno segnalato ancora gli ultimi fiocchi verso le cinque del mattino, cogliendo di sorpresa gli stessi previsori!
Per nulla inaspettato il passaggio serale a pioggia lungo le coste del Lario, che di fatto presenta un microclima relativamente mite, tanto da spingere la nevosità a seguire rigidamente le regole dell'altimetria.
Del tutto peculiare invece l'andamento delle isocrone della medio-bassa Valtellina che testimoniano l'eroica resistenza del fiocco di neve fino alle quote del fondo valle: qui il gioco è condotto dalla potente inversione termica e dalla chiusura della valle alle miti correnti meridionali che permette al cuscino freddo di resistere più a lungo, in particolare nei dintorni di Sondrio.
 
 
 
14-15 Dicembre 2012 - Orario del passaggio di stato da neve a pioggia sulla pianura lombarda - Elaborazione di Bruno Grillini
FONTE: segnalazioni nowcasting dei forumisti CML
 
 
 
Nonostante il raddolcimento del clima ad opera delle miti correnti oceaniche, le temperature nei giorni successivi si sono mantenute su valori relativamente bassi anche in pianura soprattutto nelle ore diurne, a causa del persistere dell''inversione termica e delle nebbie. Questo ha consentito la conservazione del manto nevoso per una decina di giorni, cioè più o meno fino a Natale.
La fotografia sottostante mostra l'innevamento presente ancora nella giornata del 19 dicembre, il che riflette le zone dove effettivamente è nevicato di più. In particolare appare del tutto spoglio il Piemonte centro-occidentale, mentre rimane poca neve a Sud del Po ad eccezione dei rilievi appenninici. Molto importante l'effetto dell'isola di calore del Capoluogo ed il suo hinterland, nonchè dell'area rivierasca lecchese dove la neve si è sciolta rapidamente nel giro di due/tre giorni.
La neve resiste in pianura procedendo verso est almeno fino alla linea idrografica dell'Oglio, per poi calare gradualmente fino a scomparire del tutto nella zona del Garda.
Buono apporto di neve naturalmente sui rilievi alpini, sia pure più attenuato sulle Prealpi come dimostra il passaggio da un bianco smagliante ad uno più spento.
Deciso anche qui l'innevamento visto dall'occhio del satellite in tutta la Valtellina: in particolare si può osservare l'ombra portata dalle Orobie sul fondovalle nelle ore centrali della giornata, e quindi le conseguenze sul microclima locale ad opera dello scarso soleggiamento.
 
 
 
19 Dicembre 2012 -  Satellite circumpolare, immagine visibile con l'innevamento sulla Pianura Padana e nelle vallate alpine 
 
 
 
 
 
Il cedimento della precipitazione nevosa con il passaggio di stato da solido a liquido, avviene sulle nostre pianure quando la colonna d'aria si deteriora ed il fiocco di neve prima di raggiungere il suolo è costretto ad attraversare uno spessore a temperatura positiva di diverse centinaia di metri.
Questo può avvenire almeno secondo due modalità, nel corso di una nevicata da raddolcimento:
 
Il caso dello scirocco: correnti miti da Sud-Est invadono la Pianura Padana entrando dal mare Adriatico, e rimescolano letteralmente la massa d'aria presente al suolo. La temperatura registrata dalle stazioni della nostra Rete si impenna, a partire dai settori orientali per guadagnare terreno verso Nord-Ovest ed infine raggiungere la testata della Val Padana.
Il caso del libeccio: l'invasione mite sopraggiunge da Sud-Ovest e trova la strada sbarrata nei primi 1000-1500 metri di quota dall'Appennino, se non addirittura nei primi 2500-3000 metri dalle Alpi Occidentali. L'afflusso mite è costretto a sorvolare il cuscino freddo ed inizia ad eroderlo dall'alto, mentre al suolo si conservano temperature molto più rigide, a volte negative.
 
Focalizziamo ora la nostra attenzione sul secondo caso, oggetto del nostro studio.
L'elemento cruciale è la chiostra alpino-appenninica con la sua forma ad arco che racchiude il Catino Padano, e la differente elevazione dell'orografia.
Al livello di 700 hPa (a circa 3000-3500 metri di altitudine) le correnti portanti da Sud-Ovest affluiscono sopra la Pianura Padana  del tutto indisturbate, in quanto ormai non più influenzate dalla presenza delle montagne. L'unica eccezione, tra l'altro bene inquadrata dai modelli di previsione a scala locale, è rappresentata dai massicci montuosi della Val d'Aosta, della Savoia e del Vallese che, elevandosi oltre i 4000 metri, rappresentano un vero e proprio scoglio in grado di modificare pesantemente la meccanica del vento. Possiamo comunque confermare un afflusso di aria umida e mite su tutto il centro-nord Italia con importante aumento termico in quota ed una massiccia avvezione di vapore acqueo, destinato per l'appunto a scorrere come su un piano inclinato al di sopra del cuscino freddo.
 
 
 
14 Dicembre 2012, ore 18:00Z - Previsione campo vento alla superficie isobarica di 700 hPa - FONTE: www.meteonetwork.it
 
 
 
Il quadro sottostante, relativo al livello 850 hPa (circa 1400 metri di quota), evidenzia invece la pesante influenza della catena alpina sull'andamento dei vettori vento, letteralmente costretti ad aggirare da Ovest la lunga barriera montuosa. Le correnti sudoccidentali sorvolano senza problemi l'Appennino, mentre non riescono a scavalcare le Alpi Occidentali; sottovento viene anzi a crearsi un discreto svuotamento di massa. Gran parte del Piemonte, ad eccezione dei settori orientali, si trova in una situazione di ombra pluviometrica. Proseguendo gradualmente verso Est viene meno l'azione di riparo offerta dalle Alpi, per cui la ventilazione aumenta di intensità e trasporta via via sempre maggiori quantità di umidità e di calore.
Questo spiega il maggiore incremento delle temperature in quota sulla Lombardia centro-orientale, sull'Emilia e sul Veneto: in queste zone si assiste ad un riscaldamento in quota "sproporzionato" rispetto a quanto avviene nelle prime centinaia di metri dal suolo. Al contrario sopra i settori occidentali più riparati, la temperatura in quota aumenta in modo molto meno consistente.
Altrettanto importante è l'azione di sbarramento (Stau) offerta dai primi contrafforti prealpini che si affacciano sulla pianura, laddove si concentrano nubi e precipitazioni a causa del sollevamento forzato indotto dalla costante orografica.
Il vento rinforza soprattutto in prossimità dei valichi appenninici, seguendo dei veri e propri canali (strisce gialle) lungo i quali si può ipotizzare un ulteriore ingresso di umidità e di energia verso la Pianura Padana: questo potrebbe contribuire allo sviluppo dei nuclei di precipitazioni che si formano sulla bassa pianura e che poi vengono sospinti dalle correnti portanti verso le Prealpi, dove poi si intensificano nuovamente per effetto Stau.
L'intensità delle precipitazioni diminuisce sull'Alto Piemonte ed il fatto non ci stupisce più di tanto: procedendo verso Ovest le correnti sudoccidentali si indeboliscono e si affievolisce gradualmente l'effetto Stau. Le correnti assumono qui una componente orientale: in parte riescono a risalire la Valsesia e la  Valle d'Aosta, mentre nel Biellese e nel Canavese si orientano da Nord-Est invertendo addirittura la loro naturale rotta. L'orografia che chiude la testata della Val Padana e la relativa depressione sottovento che viene a crearsi ai piedi delle Alpi Marittime spiega una debole azione di Flow Around delle correnti, limitata all'estremo settore occidentale del Piemonte e per nulla paragonabile per estensione ed intensità al giro delle correnti che si verifica invece in situazioni sinottiche di scirocco.
 
 
 
14 Dicembre 2012, ore 18:00Z - Previsione campo vento alla superficie isobarica di 850 hPa - FONTE: www.meteonetwork.it
 
 
 
 
Soffermiamoci ora sui profili termo-igrometrici della colonna d'aria alla mezzanotte di Sabato 18 Dicembre, quando ormai ci saremmo attesi il sopravvento della pioggia su tutta la regione.
Il tutto in conseguenza della disposizione del vento, secondo i principali modelli di previsione.
Ebbene, giungono conferme.
 
Nel cielo a nord di Milano la colonna d'aria è satura di umidità, con apporto di vapore quantificabile nell'acqua precipitabile a condensazione compiuta di oltre 20 mm. La curva di stato della temperatura coincide in pratica con quella del Dew Point ed è sostanzialmente isotermica per tutto lo spessore dei primi 1500 metri. Proprio a questo livello, laddove i vettori vento si orientano da Sud-Ovest, c'è quasi un tentativo di cedimento. La temperatura si limita a toccare l'isoterma di 0°C ma non la supera. La colonna d'aria si mantiene sostanzialmente idonea e favorisce la conservazione del fiocco di neve durante la caduta fino al suolo. Il punto critico viene superato tanto più aumenta il rateo di precipitazioni, anche perchè la parziale fusione del fiocco di neve conduce ad un lieve assorbimento di calore latente da parte dell'ambiente, e quindi un temporaneo raffreddamento.
L'azione di Stau a ridosso delle Prealpi sfrutta quindi nel migliore dei modi il profilo termico, permettendo alla neve di cadere per altre cinque o sei ore ed accumulare al suolo. 
 
 
 
 
15 Dicembre 2012, ore 00:00Z - Milano Linate - Radiosondaggio Skew-t - FONTE: www.weather.unisys.com 
 
 
 
Una situazione del tutto opposta si verifica sulla bassa pianura orientale: Bologna ne è pienamente rappresentativa.
Nel radiosondaggio si evince una fortissima inversione termica a partire dai primi 200-300 metri e spessore di quasi duemila metri. Si osserva una forte ventilazione da Sud-Ovest anche nei bassi strati ed una colonna maggiormente carica di umidità, con oltre 23 mm di acqua precipitabile.
Il profilo termo-igrometrico depone per una completa fusione del fiocco di neve ed un concreto rischio di pioggia congelantesi attorno ai 200 metri di quota, o comunque nelle vallate ai piedi dell'Appennino e localmente nelle zone di pianura più riparate dove la temperatura è rimasta anche solo qualche decimo di grado al di sotto dello zero.
In alcune aree della pianura probabilmente si sono verificate situazioni intermedie che hanno provocato una parziale fusione del fiocco di neve, ed un suo successivo ricongelamento nello scontro con altri fiocchi parzialmente fusi: questo spiegherebbe la caduta di neve granulare (graupeln) nelle fasi di stanca delle precipitazioni, alternate a rovesci di neve bagnata a larghe falde.
Laddove non si presenta la pioggia congelantesi, la caduta di graupeln è sintomo palese di un deterioramento della colonna d'aria, con la possibilità a breve di un definitivo passaggio a pioggia.
 
 
 
 
15 Dicembre 2012, ore 00:00Z - Bologna S.Pietro Capofiume - Radiosondaggio Skew-t - FONTE: www.weather.unisys.com 
 
 
 
La differenza dell'andamento della temperatura con la quota, è il parametro cruciale e viene reso ancor più evidente dal confronto diretto tra le due curve di stato.
 
 
 
15 Dicembre 2012 ore 00:00Z - Confronto profili termici di Milano Linate e Bologna S. Pietro Capofiume - Elaborazione di Bruno Grillini
 
 
 
Avendo ora ipotizzato il comportamento del vento alle quote medio-basse, e considerato in particolare l'esame dei profili termici verticali, vediamo di fatto quanto è accaduto in termini di precipitazioni nella tarda serata di Venerdì 14 con l'ausilio del Radar.
La sequenza rielaborata, oltre che descrivere l'intensità delle precipitazioni, ne stima la tipologia.
I nuclei blu e verdi piuttosto estesi a Nord delle Alpi denotano la risalita da Sud-Ovest di piogge deboli/moderate sulle pianure della Francia, della Svizzera e della Germania; soltanto più a Sud si nota uno stretto corridoio azzurrino tratteggiato, che indica verosimilmente una neve di tipo altimetrico sulle Prealpi estere.
Del tutto differente la situazione all'interno del Catino Padano: nuclei di precipitazioni prendono vita sul Mar Ligure e vengono trasportati dalle correnti portanti lungo una traiettoria nettamente meridionale. Un vero e proprio corridoio si intensifica sull'Oltrepo ed in queste zone cade localmente graupeln o pioggia congelantesi. Proseguendo verso la medio-bassa pianura prevale la pioggia, a tratti anche moderata.
Il "miracolo" si compie tra l'alta pianura e la fascia Pedemontana, estesa lungo tutto l'asse Varese/Brescia. Qui le precipitazioni si intensificano per azione Stau e viene sfruttata al meglio l'isotermia della colonna. Uno  strato, dello spessore di un migliaio di metri, con temperature prossime allo zero viene sfruttato proprio dal rateo delle precipitazioni che cadono generalmente sottoforma di rovesci di neve bagnata a larghe falde con qualche rara fase di graupeln.
La nevicata torna ad essere altimetrica, come si può notare dall'azzurro pieno del Radar sulle Prealpi, dove in effetti sono stati registrati i maggiori accumuli.
Salendo a 500-600 metri di quota, si accorcia infatti lo spessore dello strato isotermico che il fiocco di neve deve attraversare, per cui la neve raggiunge il suolo più asciutta e più integra.
 
 
 
 
14 Dicembre 2012, ore 22:30 - 23:00 UTC - Animazione Radar: stima intensità e tipologia delle precipitazioni sul Nord-Ovest Italiano e territori d'Oltralpe. FONTE: www.metradar.ch
 
 
 
 
Diversi sono i fattori in gioco da considerare in futuro, in caso di nevicate al limite che a colpo d'occhio sembrerebbero "impossibili".
Innanzitutto le condizioni di partenza e la tempistica del peggioramento: nel nostro caso non è stato necessario provenire da una situazione di gelo consolidatasi nel catino padano. Al termine di una fase settentrionale piuttosto fredda la presenza di aria sufficientemente secca ha creato le condizioni favorevoli ad una nevicata post-favonica, prontamente sfruttata da un peggioramento del tempo sopraggiunto tempestivamente prima che le condizioni termo-igrometriche tornassero a deteriorarsi.
Il secondo passaggio, poi a raffreddamento compiutosi nei bassi strati, con lo sviluppo di un'inversione termica che ha favorito una seconda nevicata - questa volta da raddolcimento - sempre con una tempistica molto rapida.
Terzo ed ultimo passaggio - quello cruciale - l'afflusso sudoccidentale in assenza di un minimo di pressione definito sul Mar Tirreno, in particolare per la costante orografica offerta dal sistema alpino-appenninico: riscaldamento molto maggiore e sproporzionato in quota ad eccezione dei settori occidentali della pianura, in parte riparati dalle Alpi. Di conseguenza il costituirsi di un profilo isotermico (spessore di oltre 600-800 metri di aria a temperatura prossima a 0°C) sfruttato dalla maggiore piovosità riscontrabile a ridosso delle Prealpi per azione di sbarramento orografico.
In altre parole il nostro meraviglioso microclima lombardo ha giocato le sue pedine - e nemmeno mancherà di farlo in futuro -con grande abilità e rapidità di azione.
 
 
 
 
 
 
 
 
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